Vincitore secondo episodio

La vincitrice è Simona, meglio conosciuta sul web per il suo blog dal taglio esistenziale ed ironico dall’emblematico nome Il caso non esisteVi invitiamo a visitarlo, oltre a dei bellissimi articoli ci sono delle foto che rivelano in maniera inequivocabile il talento della blogger.

Scopriamo il vincitore del secondo episodio del contest letterario

 

Complimenti Simona per il tuo bel commento e per il tuo Blog. di seguito il componimento vincitore.

 

C’è stato un momento nella mia infanzia, in cui tutti i membri femminili adulti della mia famiglia hanno deciso che “fare la maglia” era una priorità assoluta.
Sferruzzare veniva prima di tutto: prima del cucinare, del pulire, dello stirare… e mia madre usava i suoi ferri come un direttore d’orchestra la sua bacchetta ( a volte persino come un domatore la sua frusta ) e dal basso della sua seggiola preferita ci impartiva ordini e comandi, di modo che ci organizzassimo per fare ciò che lei aveva tralasciato in quanto troppo presa dalle difficoltà di uno scalfo o di un colletto.
Ore ed ore passate ostinatamente china su gomitoli e riviste mentre noi bambini ci lamentavamo per l’ennesima pasta in bianco trovata al ritorno da scuola.
Ma dove finiva poi il frutto di tanto lavoro ?
I miei fratelli erano molto più grandi di me e gli era consentito di scegliere da soli i propri vestiti, io che ero la più piccola dovevo tacere e subire e me ne andavo in giro allegramente ricoperta di lana purissima, come neanche uno svedese avrebbe osato fare.
Mi ci volle davvero poco per diventare lo zimbello della classe.
Mano a mano che le settimane invernali passavano mia madre sfornava nuovi fantastici accessori: cappelli, sciarpe, guanti, scaldamuscoli, fasce per capelli, il tutto di almeno quattro taglie più grandi, così che mi potessero andar bene fino alla fine dei miei giorni.
Il momento peggiore però venne quando a mia nonna prese il pallino del lamé.
Il lamé era il dettaglio chic che mancava alle sue creazioni e da lì in avanti sarebbe diventato una costante nella mia vita.

Nella mia vita ma anche in quella della mia compagna di sventure, nonché cugina e amica.
Le famose cugine di lamé.
Al nostro passaggio le strade rilucevano di bagliori rossi, d’argento e blu.
Ricordo ancora con un brivido gli audaci accostamenti di colore e l’incredibile pizzicore che quell’assurdo filato mi procurava un po’ ovunque.
Appena giunsi all’età consona per la ribellione misi un veto categorico sui capi “handmade” e mia madre dirottò le sue ossessioni sull’uncinetto, con cui prese a confezionare trilioni di mattonelle destinate ad unirsi nella coperta più grande del mondo.

Sono passati trent’anni e quel periodo ce lo ricordiamo bene io e mia cugina, quando d’estate ci ritroviamo nel mio portico con le nostre borse da lavoro, i ferri circolari e le matasse delle lane più in voga.
Ridiamo come pazze al pensiero che tutta quella lana indossata a forza in giovane età deve averci trasmesso qualcosa sottopelle, tanto da trasformarci in due “knitters” accanite.

Sono passati trent’anni, io e mia cugina viviamo a quattrocento chilometri di distanza ma un filo sottile ci unisce e ci lega…ed è un filo di lamé.

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